Brasile, locomotiva del Sud - Brasile locomotiva del Sud4

A fronte del dinamismo dalla diplomazia brasiliana sullo scacchiere internazionale e del fiorire di partnership strategiche con alleati non-tradizionali come Cina, India e Sudafrica, l'operato della politica regionale del governo Lula è dunque stato a dir poco "cauto", concentrandosi sulla conservazione di un equilibrio di potere favorevole agli interessi economici del Brasile. I grandi risultati ottenuti in termini di sviluppo economico interno e proiezione internazionale hanno dimostrato che il Brasile non ha bisogno, almeno in questo frangente, di un'integrazione sudamericana più profonda per ambire al ruolo di potenza globale emergente. Questo non significa che esso non abbia interessi cruciali in Sudamerica, né che si stia allontanando permanentemente dalla regione. Piuttosto, indica che oggi il Brasile non ha alcun interesse a modificare un equilibrio di potere che gli garantisce, de facto, una superiorità economica e politica estremamente vantaggiosa. Le relazioni bilaterali tenute dall'amministrazione Lula con Venezuela, Bolivia e Argentina svelano come la vera priorità della politica regionale brasiliana sia stata quella di evitare destabilizzazioni che mettessero a rischio lo status quo e gli interessi economici del Brasile nei paesi vicini, adoperando la forza del proprio apparato diplomatico e la "carota" degli investimenti per ricomporre le fratture venutesi a creare.

Ecco spiegate le decisioni dell'amministrazione Lula di chiudere ripetutamente un occhio sul proliferare di barriere tariffarie ai prodotti brasiliani in Argentina, di rinegoziare il prezzo del gas boliviano a seguito della nazionalizzazione imposta unilateralmente dall'"amico" Morales, o di partecipare simbolicamente alle iniziative sponsorizzate da Hugo Chávez (come la creazione del Banco del Sur e la realizzazione del Gasoducto del Sur) al fine di evitare il pericoloso isolamento del Venezuela e contenerne così il potenziale destabilizzatore. In conclusione, gli otto anni di Lula hanno dimostrato come il Brasile contemporaneo non possa essere al contempo global trader e potenza regionale "generosa". Rimangono vari aspetti d'affrontare, in primis il problema delle favelas e dei narcotrafficanti, di cui lo stesso Roberto Saviano ne parla ampiamente nel suo ultimo scritto, "Zero, zero, zero", tuttavia discutendone come un problema non locale del Brasile(citandolo solo di passaggio), ma più esteso che affligge in maniera più specifica altre zone del continente sudamericano, come la Colombia ed il Venezuela.

Spesso giungono in Europa ed Italia, notizie di veri e propri scontri armati tra esercito e forze speciali contro i narcotrafficanti nascosti nelle varie zone di immense megalopoli, come Rio De Janeiro. Inutile dire che l'amministrazione Lula ed anche quella attuale hanno adottato una forte politica repressiva nei confronti di questo fenomeno che si può definire a tutti gli effetti una vera piaga sociale, oltre che economica. In quelle zone di "No man land", lo Stato ha cercato in tutti i modi di farsi protettore degli interessi dei più deboli, usando la forza contro invece chi non era d'accordo, perché vedeva in quest'azione(laddove la corruzione non riusciva più ad essere efficace) una diminuzione dei propri proventi derivanti dalla droga, così come la prostituzione, anche minorile, se non addirittura il traffico di esseri umani.Tali soggetti sono considerati a tutti gli effetti come dei terroristi, e non semplici criminali senza scrupoli. In tal senso la giurisprudenza brasiliana ha fatto passi da gigante, garante un sistema normativa decisamente all'avanguardia contro questo tipo di reati, ma che purtroppo deve essere realistico data la enorme portata del fenomeno criminale.

In Brasile operano numerosissime organizzazioni no-profit, che grazie al loro contributo danno un notevole sostegno a quella parte di popolazione, circa un quarto, che risulta essere povera, priva di ogni bene di prima necessità, dunque si va dal cibo, ai medicinali ed i vestiti. I dati più recenti ci informano che questo tipo di azione sta conseguendo ogni anno sempre maggiori risultati, e la crescita economica del paese, che favorisce l'occupazione, favorisce l'abbassamento della povertà. Uno dei medi per combattere la miseria è stato il modus operandi del Brasile alle nuove tecnologie, grazie all'informatizzazione dell'amministrazione, ancora in atto, ma già in un buon stato d'avanzamento, oltre che un programma iniziato pochi giorni fa di accessibilità alla rete da parte del 90% di tutto il paese. Questo programma è mirato a portare la cultura, la dove la costruzione di scuole o di sistemi d'istruzione resta ancora un miraggio. Un pc in un piccolo borgo brasiliano può fare la differenza, dando la possibilità alle persone d'informarsi, di tenere un contatto con lo Stato centrale e le amministrazioni ed in più favorisce il lavoro, in quanto tale rete deve essere costruita, ed a fianco di essa ne nascerà un'altra volta alla manutenzione ed il supporto.

Un paese dotato di rete accessibile a tutti è un paese democratico, che investe nei giovani e nelle nuove tecnologie. Logico che ci sono altri problemi, ma non una giustificazione per non fare questo passo. Dopo tutto noi italiani siamo bravi a criticare e guardare gli altri, peccato che rimaniamo sempre indietro. Loro erano indietro, con deficit economici e sociali raccapriccianti fino a 10-15 anni fa. Tuttavia ora sono la 5 potenza mondiale e noi che facciamo? Restiamo a guardare la tv ed i giornali? No, grazie. Prendiamo esempio del Brasile, dopo tutto, non siamo stati noi a crearlo in parte 2 secoli fa?

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