La verità di quel giorno in Val di Susa - La verità di quel giorno in Val di Susa3

Non stava né in cielo né in terra che gli sbirri si arrampicassero per catturare Luca. Non hanno messo reti di protezione, non hanno chiamato i vigili del fuoco, non hanno isolato la linea elettrica... Di fatto, lo hanno spinto sempre più su, più in alto della bandiera No Tav, finché non è entrato nel campo elettrico, ha preso la scossa ed è precipitato giù, sbattendo la testa.

Dopo pochi minuti, Blackout ha riaperto la diretta e tutti siamo venuti a sapere che Luca era caduto. Per la valle han cominciato a viaggiare telefonate, gente che piangeva: "Luca è morto! Luca è morto!". Non si capiva da che altezza fosse caduto, là è tutta pietra e muretti a secco, se aveva battuto la testa... Era come sentire che era morto tuo fratello. Le ruspe continuavano a lavorare intorno a Luca, che stava ai piedi del traliccio tipo Feltrinelli, e non si sapeva se era ancora vivo. I soccorsi ci hanno messo un casino ad arrivare, anzi, la polizia non ha fatto passare un gruppo di cinque attivisti, c'era Nicoletta Dosio che arrivava con un medico e non li hanno fatti passare. C'è voluto un sacco prima che prendessero Luca e lo portassero al Cto di Torino con l'elicottero.

Mi bolliva il sangue nelle vene. Impotenza, eri al lavoro e non potevi staccare (a parte che non sarebbe servito), era come essere lì perché sentivi tutto e al tempo stesso non poterci essere. Luca lo conoscevo bene. Frequentandoci anche solo nell'ambito No Tav... Non è che andavo a cena da lui o lui da me, ma abbiamo vissuto situazioni così intense e particolari che forse il legame è più alto dell'amicizia stessa.

Al Cto lo hanno messo in coma farmacologico. Il primo referto parlava di "un trauma da precipitazione e un trauma cranico, un focolaio contusivo occipitale, ovvero un livido nel cervello... Sono state anche diagnosticate lesioni al torace, un pneumotorace al polmone sinistro, una frattura dorsale composta e una contusione renale". Per non dire dei danni da folgorazione: a Luca sono rimaste ustioni in tutto il corpo.

Noi a fine pomeriggio abbiamo staccato e siamo corsi a Bussoleno dove si è fatto un attimo di coordinamento. Velocemente e senza pensarci troppo si era deciso che la cosa da fare era bloccare tutto, a valle, complicando i cambi turno delle forze dell'ordine. I nostri si erano spostati tutti dove sapevano che era più facile fare dei blocchi, perché li avevamo già fatti varie volte, cioè a Chianocco, dove l'autostrada e le due statali si avvicinano per superare uno dei restringimenti della valle. Il primo blocco è stato fatto sulla statale 25, dove ai primi tir è stato fatto spegnere il motore, all'altezza della rotonda. Subito dopo si è saliti sull'A32, l'autostrada Torino-Bardonecchia, sulla rampa che va a monte. Qualcuno ha scavalcato il guardrail, e così si è bloccata anche la corsia in discesa. Immediatamente si sono formate le prime barricate, con bidoni dell'immondizia, tronchi d'albero, blocchi di cemento recuperati di fianco all'autostrada... Erano momenti concitati. Luca rimaneva in coma. Sarebbe rimasto in ospedale 109 giorni. Eravamo tutti incazzati e commossi. Il numero dei presidianti è aumentato di minuto in minuto, si è deciso di controllare anche la statale 24, non bloccandola ma semplicemente rallentando il traffico, per assicurare ai valsusini una strada di servizio e permettere a tutti di raggiungere il presidio, ma avendo cura che le forze dell'ordine non passassero, che fossero costrette a fare i cambi passando dal Sestriere e dalla val Chisone, raddoppiando il tragitto, e anche passando da lì non sarebbero tornati tranquilli alle loro caserme, perché qualcun altro gli avrebbe reso complicato il viaggio. Si è deciso di mantenere i blocchi giorno e notte, e sapevamo che presto o tardi avrebbero sgomberato.

4. La pecorella (martedì 28 febbraio 2012)

Io e Maurizio eravamo ancora in giro per la consegna dei bidoni, quel lavoro è durato quindici giorni. Intorno alle 11.30, la mamma di Maurizio lo ha chiamato dicendogli che gli sbirri erano arrivati a migliaia e cercavano di sfondare il blocco, sparando lacrimogeni, tutto quanto. In quel momento c'erano soprattutto pensionati, mica c'era una nostra milizia contrapposta alla loro...

Era quasi ora di pranzo, abbiamo deciso di anticipare la pausa e andare sul posto. La situazione era... tranquilleggiante, avevano già sbloccato la parte di autostrada per passare. Qualcuno aveva dato fuoco alle barricate, fiamme basse, fumo nero.

Noi siamo arretrati verso lo svincolo, io e Maurizio abbiamo preso un po' di gente e ci siamo seduti sulla rampa. La situazione si è abbastanza calmata, c'erano delle ragazze che suonavano violino e fisarmonica, si cantava... Qualche tempo dopo ho visto un servizio del Tg1 su quel momento, dove si parlava di "fumo delle auto incendiate", ma nessuno aveva incendiato macchine, è un dettaglio inventato di sana pianta. Il fumo era quello delle barricate.

Io e Maurizio dovevamo tornare al lavoro, e fermarci al volo a prendere un panino, perché eravamo a stomaco vuoto. La pausa pranzo l'avevamo usata così. Ero stanco ed esasperato. Eravamo tutti preoccupati per Luca. Mi sono alzato e ho visto quei carabinieri, tutti bardati, a volto coperto. Erano quattro o cinque. Mi sono appoggiato al guardrail e ho iniziato a chiacchierare con due di loro, prima con uno, poi con l'altro. In realtà parlavo solo io, loro mi guardavano fermi e zitti. Be', la pappardella la conoscete. C'era una troupe di Corriere Tv che riprendeva, per quello mi ha visto quasi tutta Italia.

Cosa mi ricordo di aver detto? Li ho sfottuti, gli ho detto che erano loro gli illegali, perché io ero a volto scoperto mentre loro erano mascherati e non avevano nemmeno un numero identificativo. Gli ho perfino dato il mio nome, cognome e indirizzo! Non è che quando faccio le cose le lascio a metà, le faccio fino in fondo le fesserie (ride). Gli ho chiesto se volevano spararmi, e se erano orgogliosi di se stessi, se gli faceva piacere l'idea di difendere il cantiere per vent'anni, di andare in pensione dopo aver fatto cose come starsene annoiati sull'autostrada... Gli ho detto che per quello che guadagnavano non valeva la pena. A quello che poi ha preso l'encomio gli ho chiesto se era una pecorella, volevo dire che l'obbedienza non è sempre una bella cosa. Gli ho chiesto se portava la maschera anche quando dava i bacini alla sua ragazza, per paura di attaccargli le malattie. Adesso mi spiace aver tirato in ballo la sua ragazza... La cosa dello stronzo me l'ero dimenticata, me l'ha detta mia suocera: "Cosa ti è saltato in testa? Hai dato dello stronzo a un pubblico ufficiale!". Infatti gli ho detto una cosa tipo: "Sei vestito come uno stronzo e noi ci divertiamo a guardare voi che girate vestiti da stronzi". Non ho nemmeno capito se mi sentiva, nel filmato sembra tutto tranquillo, ma c'era casino, fumo, rumore, sbirri che gridavano ordini, musica. Poi ho detto un po' di robe tra il tecnico e quello che sappiamo tutti, sul Tav, e ho concluso salutandoli, gli ho detto: "Alla fine vi vogliamo bene lo stesso, non siete voi il nostro problema."

Guarda caso, dal video quella parte è stata tagliata, hanno lasciato solo i due minuti in cui chiedevo al tizio se era una pecorella e dicevo che era vestito da stronzo. Nemmeno i carabinieri hanno il video completo, infatti la denuncia per oltraggio è basata sulla versione tagliata che c'era in rete. È scritto esplicitamente: "VERBALE DI TRASCRIZIONE DELLA CONVERSAZIONE PRESENTE SU CD, DI CUI AL FILE VIDEO/AUDIO RELATIVO IL (sic) FILMATO TRATTO DA 'CLANDESTINOWEB'".

A conti fatti, io e Maurizio siamo stati lì una mezz'ora. Per noi l'importante era esserci ripresi l'autostrada. Finita la giornata di lavoro, sono rientrato a casa.

Io e Arianna non abbiamo la televisione. Ho un portatile per andare in rete, ma i film di solito li guardo sul mio home theatre assemblato tra mercatini e rifiuterie. Sono ancora un amante del vhs, ne ho una collezione di 500 pezzi e che senso avrebbe buttarli via? Anche a Pietro faccio vedere vecchi cartoni in videocassetta. Verso sera, stavamo appunto guardando un cartone animato, quando un'amica di Arianna le ha mandato un sms: "C'è Marco su Repubblica". Lì per lì non abbiamo capito, non abbiamo pensato a Repubblica online, ma che forse una mia foto era apparsa sul giornale di quella mattina. Poi tutti hanno cominciato a chiamare, perché il video era in apertura di ogni tg.

Da quel momento è stato il delirio, e io sono diventato un diavolo per il popolo.

A proposito di diavoli e inferno, quella sera stessa, a poca distanza dallo svincolo, è successa una roba strana. Qualcuno ha dato alle fiamme l'auto di un militante No Tav, che sarebbe poi Renzo, collega mio e di Maurizio in cooperativa. Erano passate da poco le undici. Il fuoco si è esteso ad altre due macchine parcheggiate lì accanto. L'incendio era sicuramente doloso, perché il tizio – chiunque fosse – mentre si allontanava ha appiccato il fuoco anche un deposito di pellet della Ferramenta Sibille e, lungo la statale 25, al telone di un tir col camionista che dormiva in cabina ed è stato svegliato appena in tempo.

5. Folk Devil (28 febbraio-1 marzo 2012)

Incontriamo Marco Bruno ad Avigliana, in piazza Conte Rosso, la mattina del 25 aprile 2013. Abbiamo un appuntamento, dobbiamo intervistarlo per scrivere la sua storia. Con lui ci sono Arianna e Pietro. Ci colpisce più forte del previsto la discrasia tra la persona che abbiamo di fronte e l'uomo di paglia bruciato dai media poco più di un anno fa. Un conto è sapere che qualcuno è stato criminalizzato, demonizzato, ridotto a indegna caricatura; altra faccenda è averlo lì di fronte, in carne, ossa e sorriso triste, seduto accanto a te sulla stessa panchina.

Ci siamo occupati tante volte di presunti "cattivi". Fin dal primo tweet, dal primo link al video di Corriere TV, dal primo lancio d'agenzia, abbiamo sentito lo sgradevole odore di pestaggio mediatico. Eppure, non avevamo mai visto una simile sproporzione tra la "colpa" di chi viene additato come nemico pubblico e la violenza del trattamento che gli viene riservato. Marco aveva parlato a un carabiniere, lo aveva preso un po' per i fondelli. L'epiteto su cui tutti i media si erano concentrati, "pecorella", era probabilmente una delle cose più gentili che si fossero mai dette a un carabiniere durante un sit-in o blocco stradale. Come ha fatto notare Guido Viale:

Meglio le parole, anche pesanti, che le pietre; non si può continuare a deplorare le presunte violenze dei manifestanti contro le forze dell' ordine – senza mai raccontare bene che cosa hanno fatto e fanno le forze dell' ordine ai manifestanti e a una popolazione inerme – e poi deplorare che invece delle pietre si usino le parole, anche offensive; quel monologo era uno dei pochi mezzi, e delle poche occasioni, per indurre un rappresentante delle forze dell' ordine a riflettere sul ruolo che lo stato italiano ha loro assegnato: quello di trasformarsi in truppe di occupazione in guerra contro la popolazione di un' intera vallata.

A tutt'oggi, rimane in buona parte un mistero come mai quei pochi minuti di confronto (carpiti, tagliati, resi avulsi da tutto) abbiano scatenato l'inferno. Non si capisce perché, di tutte le scene che s'erano viste sulla lotta No Tav, proprio quella abbia fatto il giro della rete e delle tv, suscitando odio e violenza nei forum, negli spazi commenti dei giornali, nei condotti fognari di Facebook. Certo, hanno giocato un ruolo gli interessi politici e – soprattutto – economici intorno al Tav e le divisioni ideologiche della società italiana. Ma non bastano a spiegare il peculiare parossismo del blitzkrieg contro Marco Bruno.

In quarantotto, settantadue ore di aggressione senza pause, ben pochi commentatori hanno saputo conservare un minimo di lucidità e di senso del ridicolo. Cosa pensare, ad esempio, di un paragone come questo?

Aggiungi commento


Codice di sicurezza
Aggiorna


Abbiamo 45 visitatori e nessun utente online