La verità di quel giorno in Val di Susa - La verità di quel giorno in Val di Susa5

Seduto lì con noi c'era Mauro Galliano, che è un assessore del comune di Sant'Ambrogio. C'è un'intervista commovente, dove lui ha le mani sulla testa e gli occhi lucidi, e dice: "Io sono arrivato tre minuti prima che [i poliziotti] arrivassero. Ho pensato che il mio dovere era qua, perché è l'unica arma possibile, sedersi in modo pacifico, e l'ho sempre pensato. Non sempre l'ho messo in pratica, perché io sono un pauroso, nel caso non si vedesse, io mi sto cagando sotto. Però non si può sempre dire agli altri 'Non tirate le pietre' e poi non esserci in prima fila. Una buona volta, bisogna pur esserci. Però non riprendere me, riprendi loro (indica gli altri intorno). Semplicemente io ho la fortuna della favella, loro sono più timidi ma sono più coraggiosi, perché sono un metro più avanti. Quella gentile signora è più coraggiosa di me, perché è un metro più avanti".

Verso le sei e mezza hanno cominciato a sgomberarci di brutto dalla carreggiata, prendendoci a calci, a pedate e manate nei coglioni, portandoci via di peso uno a uno. A me hanno anche strappato la cintura. Mentre mi immobilizzavano, i fotografi hanno immortalato la scena. Sono partiti i lanci d'agenzia: "Arrestato il No Tav della pecorella".

Il giorno dopo Il Messaggero ha scritto: "Del giovane con la barbetta rossa, esistono delle foto, scattate dai fotoreporter, che lo ritraggono travolto dalle cariche della polizia. Un agente lo tiene per le braccia, un altro lo tiene per le gambe. E lui strilla a bocca aperta. Chiede di non infierire dopo che lui sì, invece, ha infierito".

A parte che non ho chiesto proprio niente, che dovevo fare, strillare a bocca chiusa?

Nelle ore successive, per tutti quanti io ero in carcere. Hanno cominciato a chiamare i parenti, anche da giù, dalla Calabria. Un putiferio. Invece io me n'ero andato, non mi avevano nemmeno identificato! Semplicemente, dopo mezz'ora che ero messo lì da parte, me ne sono andato.

Nel frattempo avevano scoperto la storia delle tronchesi, così il giorno dopo il Giornale mi dedicava il titolo: "Il provocatore No Tav con il vizio delle armi". L'articolo diceva: "Visto che, non si sa mai e a volte il coraggio da solo non basta, Marco Bruno si è portato appresso, è accaduto in tempi recenti, anche delle armi".

Alle nove c'era ancora gente che continuava a resistere sullo svincolo. Gli sbirri si sono scatenati. cariche, idranti, lacrimogeni ad altezza d'uomo... È lì che hanno distrutto la caviglia alla Titti, Titti Giorgione, una signora di 54 anni, di Bruzolo. Mentre la manganellavano è caduta e si è spaccata la caviglia sinistra, frattura multipla, è passato un anno e mezzo e ancora la stanno operando. E se un altro dimostrante non si fosse buttato su di lei per fare lo scudo umano e prendersi le botte, avrebbero continuato a picchiarla. I nostri sono dovuti indietreggiare, sono arrivati fino al paese, a Chianocco. Lì c'è stata la caccia all'uomo, nei bar, nei cortili. C'è stata anche una lite tra celerini, perché alcuni di loro hanno cominciato a danneggiare le auto in sosta (tanto erano tutte di No Tav, non potevi sbagliare), e i loro colleghi hanno cercato di fermarli. Lì c'è stato anche l'episodio della pizzeria, gli sbirri si sono pressati contro una porta a vetri chiusa, che non era l'ingresso principale, e hanno cominciato a urlare: "Aprite, polizia!". La proprietaria stava prendendo le chiavi, quando loro hanno deciso di spaccare il vetro coi manganelli. Dentro c'erano i ristoratori e alcuni ragazzi, anche minorenni.

Alla fine, abbiamo stimato un centinaio di feriti.

La sera dopo, sono intervenuto a Servizio pubblico, ho cercato di spiegarmi, e forse un po' ci sono riuscito, ma ho nominato Peppino Impastato, dicendo che è il mio modello, e anche questo ha suscitato una polemica, hanno cercato di mettermi contro il fratello di Peppino, Giovanni, lo hanno intervistato sperando che mi desse, non so, del terrorista, cosa che comunque non ha fatto.

Don Luigi, il presidente della mia cooperativa, mi ha difeso su Famiglia Cristiana del 4 marzo: "Conosco il ragazzo protagonista del faccia a faccia col poliziotto, finito su tutti gli schermi televisivi e su tutti i giornali. Gli ho parlato e vi assicuro che è un giovane diverso da come è apparso all'opinione pubblica".

Nel frattempo era morto Lucio Dalla, e questo mi ha tolto un po' di peso. Per qualche giorno i media hanno parlato solo di lui.

Per tre o quattro mesi ho ricevuto lettere minatorie, lettere di insulti da tutta Italia: Genova, Catania, Bergamo, Milano... Ma nessuna dalla valle. Tutte da fuori. Io e Maurizio abbiamo continuato a girare porta a porta per consegnare i bidoni, la gente vedeva che ero io e ci offriva il caffè, una bibita... Ho ricevuto tanta solidarietà. Non è che conosco tutti i No Tav della valle, siamo decine di migliaia, però si è tutti No Tav e chi mi riconosceva mi ha dato solidarietà. A parte gli antispecisti, che mi hanno criticato per aver usato in modo dispregiativo la parola "pecorella", nessuno mi ha detto niente. Almeno apertamente, nessuno mi ha dato del minchione o ha detto: "Con la cazzata che hai fatto ci hai rovinati". Magari lo ha pensato... Io me la porto ancora addosso questa cosa di aver fornito un pretesto per non parlare di Luca che stava in ospedale, e di tutta la questione gigantesca che stava dietro il gesto di Luca.

8. Epiloghi e ringraziamenti

Luca Abbà è uscito dall'ospedale nel giugno del 2012, dopo quattro mesi di degenza. È tornato in valle e continua a lottare contro il Tav. Il 27 febbraio 2013, un anno esatto dopo la folgorazione, ha sposato la sua compagna Emanuela.

Il 17 luglio 2013, al tribunale di Torino, si terrà la prima udienza del processo a Marco Bruno "per il reato di cui agli artt. 81 cpv., 341 bis c.p. perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in luogo pubblico e in presenza di più persone, in occasione della manifestazione di protesta del movimento NO Tav, presso le carreggiate dell'Autostrada A32 Torino-Bardonecchia all'altezza dello svincolo di Chianocco, offendeva l'onore e il prestigio del brigadiere MACRI' Alessandro proferendo la frase: 'che pecorella che sei...' ed inoltre perché offendeva l'onore e il prestigio del Carabiniere FADDA Stefano proferendo la frase...".

Grazie a Marco, a Maurizio Piccione e, soprattutto, a Simone Franchino, militante No Tav e infaticabile fact checker. Nei giorni in cui rileggevamo tutti insieme gli articoli usciti dal 28 febbraio al 4 marzo 2012, ci ha regalato la seguente allegoria:

"Una volta un sacchetto di plastica otturò uno scarico della fossa biologica che abbiamo nel retro di casa. Dovetti trattenere il fiato, infilarci il braccio e rimestare bene. Qui è lo stesso".

Articolo tratto www.internazionale.it

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