Quella Genova, tra sangue e manganello

carlo-giuliani

12 anni fa ero a Genova, era il 20 luglio 2001, come un bambino non capivo, vedevo solo grandi navi, gente di diversa nazionalità manifestare e poliziotti ovunque, ma soprattutto un rumore incessante di sirene. 

 

Non si fermavano mai. Non si sono mai fermate nemmeno a distanza di anni, gli echi continuano a riecheggiare nell'etere. Il morto ammazzato, i feriti, le torture, la salsedine che si attaccava sulle magliette fradice di sudore, il manganello chiamato "Tonfa", grida ed urli ovunque. Sembrava una Babilonia moderna, un caos eterno, ma era come se fosse il più strano dei sogni, circondato ed obliato da una nebbia acre che ti faceva piangere senza motivo.

Ancora ad oggi, a distanza di anni, non ho ancora realizzato come sia potuto accadere una tragedia del genere. In Italia soprattutto. Da piccolo e da figlio di poliziotto che aveva svolto anche compiti da celerino, non avrei mai pensato che in un paese civile come l'Italia potesse realizzarsi quel massacro che poi si è compiuto.

Tralasciando le sentenze di condanna, le archiviazioni, i depistaggi, le prescrizioni ed assoluzioni, quello che rimane ha il sapore malinconico e triste di sangue che riaffora da una ferita che sembrava essersi rimarginata, ma così non è.

Rimangono quelle grida e quelle urla disumane di persone che manifestavano. Dio solo sa per chi e per cosa. Mi ricordo di una figura, Agnoletto, l'allora presidente del Genova Social Forum, perchè anni prima lavorava come medico in ospedale a Milano, al Mangiagalli, insieme a mia madre infermiera. Lei ne parlava sempre bene, ed ogni volta che lo vede ancora oggi in tv ripete sempre che aveva lavorato con lui.

Rammento che ero in auto sull'autostrada Milano-Genova, alle porte della città marittima. Eravamo fermi, una coda interminabile fino al porto, causata da manifestanti, molti biondi, forse francesi e tedeschi per lo più, che vestiti in maniera "originale"(così io da bambino provavo a descriverli) camminavano, cantavano ed addirittura ballavano e suonavano in mezzo alla strada. 

Li vedevo muoversi intorno alle auto, sorridere. Non mi sembravano quei diavoli neri raffigurati e descritti da alcuni giornali e tv. Non capivo, la realtà era diversa da ciò che veniva rappresentato. Avevo realizzato come la tv potesse mentirmi. Ci sarebbero voluti pochi secondi per capire un'altra cosa importante.

I manifestanti si spostarono sulla corsia di destra, lasciando libero il passaggio sulla sinistra, ed ecco delle sirene in lontananza. Preso dalla situazione mi venne il magone, volevo solo andare via, solo prendere il traghetto ed andare dai miei nonni in Sardegna e fare come tutti gli anni le mie nuotate in mare e giocare con la sabbia. Non capivo nulla delle cose degli adulti.

Le sirene si avvicinarono, ed ecco azzurre scure le volanti della polizia liberare l'ingorgo ed in quel momento, da figlio di poliziotto mi venne spontaneo pensare: "Arrivano i nostri!". Proprio come in un film western arriva la cavalleria a falcidiare i cattivi selvaggi indiani.

Quanta finzione, quanta distorsione in quel momento. Poche ore dopo Giuliani sarebbe stato ucciso con due colpi di pistola, ci sarebbe stato l'assalto alla Diaz e la macelleria messicana successiva. Io intanto lontano da quella città, mi trovavo sulla mia isola, calmo come un bambino dovrebbe essere.

Ed oggi? Non è cambiato nulla. Per anni sono andato in manifestazione, circa per tutte le scuole superiori. Poi decisi di punto in bianco di non andarci più, vedevo e sentivo le stesse identiche cose, nonostante gli anni passassero. Manifestanti da una parte, irrequieti criminali che disastravano quello che trovavano. Poliziotti in tenuta antisommossa, la politica da una parte e dall'altra. Nessun progresso. 

A cosa è servito manifestare se le richieste di queste persone sono rimaste inascoltate? A nulla, se non a causare il degenero della violenza da ambedue le parti. Le forze dell'ordine non sono riuscite a mantenere la sicurezza e tanto meno il loro controllo, comportandosi come bestie feroci drogate, peggio di tori durante una corrida spagnola. I manifestanti non hanno raggiunto i loro obbiettivi, sono ormai decenni, forse dagli anni 60 che perpetrano questo tipo di azione, senza alcun successo. 

La verità è che ci si ritrova distanza di anni a vedere vecchi filmati di Genova durante gli scontri, magari su YouTube ed a leggere i soliti commenti menensi e privi di dignità per il genere umano. Le medesime scritte con le bombolette sui muri di ogni città italiana. Quando imparerete? Quando capirete che non è così che si cambia il mondo? Quando capirete una verità così semplice e grande? La violenza produce solo altra violenza e non ci sarà mai nessun ideale per quanto nobile esso sia che possa giustificare la ferocia umana.

Questo post lo scrissi mesi fa, ma ho voluto riproporlo alla luce dei fatti di questa mattina. Lo scempio che si commise a Genova non poteva essere capito da chi non c'era. Forse ancora oggi non si capiscono, dopo anni da quei fatti, con la morte di Giuliani, i cortei, i black block, il Genova Social Forum, le cariche ed i lacrimogeni, gli arresti sommari, la bomba molotov ritrovata nella Diaz piazzata dagli stessi agenti della polizia ed infine il tragico epilogo dell'incursione nella scuola, dove si concretizzò il termine "macelleria messicana".

Ero un bambino all'epoca, ora sono un adulto, ma ancora ricordo perfettamente l'atmosfera di quei giorni. Certe cose non si dimenticano così come certe cose non cambiano. Mai. Questa mattina il giornale locale di Genova, il secolo XIX ha riportato la notizia che cito testualmente:

sono stati arrestati gli ultimi due superpoliziotti finiti sott'accusa per l'irruzione e l'introduzione di prove taroccate nella scuola dove dormivano i noglobal, al termine del G8 2001 di Genova. Uno è Spartaco Mortola, volto conosciutissimo nel capoluogo ligure, ex capo della Digos genovese poi divenuto questore vicario di Torino, che dall'altro ieri deve scontare otto mesi di domiciliari nella propria abitazione.

L'altro è Giovanni Luperi, ex dirigente Ucigos nelle giornate della guerriglia, quindi capo-analista dei servizi segreti e attualmente in pensione: per lui, della condanna definitiva a quattro anni, ne resta uno.

Il giorno precedente (pomeriggio del 30), l'arresto era scattato per un altro big: Francesco Gratteri, numero tre della polizia italiana prima della condanna, coordinatore d'indagini su attentati e latitanti. È ora obbligato a un anno di domiciliari, potrà beneficiare come gli altri di alcune ore (2 o 4) di libertà durante il giorno e usare il telefono.

I poliziotti-detenuti potranno chiedere il riconoscimento della buona condotta, e quindi rosicchiare qualche mese oltre a ciò che era stato spazzato dall'indulto del 2006.

Ancora una volta la beffa. Questa volta senza particolari giri o manovre. Solo la legge applicata, senza alcun intervento esterno o influenzamento politico. C'è stato un indulto nel 2006 ed anche questi tre poliziotti ne usufruiranno. Ma dove sta il limite? Il fatto è che questi tre signori hanno pagato per le loro colpe, ma non in maniera proporzionale per i fatti di cui si sono macchiati. Il sentimento comune popolare direbbe che avrebbero dovuto restare in carcere a vita. Ma a che scopo? Ciò che accadde alla Diaz non potrà essere cancellato mai dalla storia e dai ricordi di chi ha vissuto quei momenti.

Rimane tanta amarezza. Perchè si sa, la giustizia italiana è lenta, con ben 13 anni di ritardo questi signori sono stati arrestati e con molta probabilità sconteranno la loro esigua pena a casa loro, presso il loro domicilio. Per anni gli insabbiamenti, le coperture dei fatti hanno fatto da padrone in questo ennesimo mistero italiano, che poi tanto segreto non era, vista la mole di sangue sul pavimento della Diaz e sull'asfalto delle strade genovesi. Amarezza ed un sentimento di presa in giro da parte delle istituzioni che avrebbero dovuto proteggere e tutelare i propri cittadini. Rimane solo questo, niente di più.

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