Nella mia ora di libertà

Carcere5

In questi giorni si è discusso ampiamente del possibile impiego di provvedimenti di clemenza generale, quali amnistia ed indulto. Ma cosa sono? E soprattutto, possiamo credere che siano mirati realmente ad incidere sul sovraffollamento carcerario o c'è sotto un secondo fine?

L'amnistia in Italia è prevista dall'art. 79 della Costituzione, e normata dall'articolo 151 del codice penale, il quale recita:
L'amnistia estingue il reato e, se vi è stata condanna fa cessare l'esecuzione della condanna e le pene accessorie.
Nel concorso di più reati, l'amnistia si applica ai singoli reati per i quali è concessa.
L'estinzione del reato per effetto dell'amnistia è limitata ai reati commessi a tutto il giorno precedente la data del decreto, salvo che questo stabilisca la data diversa
L'amnistia può essere sottoposta a condizioni o ad obblighi.
L'amnistia non si applica ai recidivi, nei casi previsti dai capoversi dell'articolo 99 Codice Penale, né ai delinquenti abituali, o professionali o per tendenza, salvo che il decreto disponga diversamente.

L'indulto invece si basa sempre sull'art. 79 della Costituzione e sull'art. 174 del codice penale che recita così:
L'indulto o la grazia condona, in tutto o in parte, la pena inflitta, o la commuta in un'altra specie di pena stabilita della legge (672 e succ. Codice Procedura Penale). Non estingue le pene accessorie (19 Codice Penale), salvo che il decreto disponga diversamente, neppure gli altri effetti penali della condanna.
Nel concorso di più reati, l'indulto si applica una sola volta, dopo cumulate le pene, secondo le norme concernenti il concorso dei reati (71 e succ. Codice Penale).
Si osservano, per l'indulto, le disposizioni contenute nei tre ultimi capoversi dell'articolo 151 (79, 87 Costituzione; 671 e succ. Codice Procedura Penale).

Dunque sono queste, le 3 norme di riferimento che ci aiutano a capire in maniera dettagliata cosa effettivamente siano l'amnistia e l'indulto. Dal punto di vista storico è risaputo che il loro utilizzo è stato vasto dal 1948, anno della nascita della Repubblica ad oggi. Inizialmente questi provvedimenti nacquero per un'esigenza politica, dato che all'indomani del secondo dopo guerra, le necessità di pace e stabilità politica imponevano una pacificazione con il nemico che per 20 anni aveva governato il Paese, ovvero i fascisti. Non è un caso infatti che non si ebbe un rigurgito di guerra civile tra i fascisti e gli altri schieramenti che in quel momento detenevano il potere. Molti fascisti, che commisero reati di piccola e media entità, vennero scarcerati. Negli anni immediatamente successivi nacque il MSI, partito di radicamento fascista, che portava avanti quegli ideali, ma in una cornice democratica. Con il proseguire degli anni il sistema carcerario italiano non venne rinnovato in maniera radicale, come invece iniziava ad accadere in molti paesi europei, data l'affermazione di molti accordi multilaterali, anche a livello internazionale elevato, che ribadivano l'importanza del rispetto dei diritti umani, anche a livello carcerario. Il sovraffollamento fu un fenomeno che iniziò ad essere seriamente preoccupante nei primi anni 70'. Per questo la legge di riforma del diritto penitenziario, la num. 354 del 1975 venne emanata in quegli anni.

Tale normativa consentiva di introdurre una nuova concezione della pena, come già il comma 3 dell'art.27 della Costituzione descriveva. Ovvero la pena non doveva essere atta solamente ad una funziona punitiva, ma bensì nei limiti dello Stato anche rieducativa, in modo tale che il condannato, una volta scontata la propria pena di qualunque genere essa fosse, non ripetesse nel futuro gli stessi e medesimi errori del passato, andando a delinquere nuovamente e dunque contravvenendo alle norme di legge. Essere rieducati, significa in sostanza poter far propri quei principi che già esistono all'interno della società, e dunque la rieducazione va di pari passo con la risocializzazione dell'individuo. Un soggetto invece che non risulta essere rieducato ha molte probabilità di reiterare il reato in quanto non ha alcun timore dell'incorrere in un'ulteriore pena nei suoi confronti. Per questo, se si aggiunge il fatto che lo Stato nel caso non adempia a tutto quel sistema in suo potere di rieducare il soggetto, ed aggiungiamo anche la naturale diffidenza dei cittadini nell'accettare senza pregiudizi un ex-carcerato, va da se che la persona avrà molta facilità nel rientrare nell'ambito criminale, reiterare il reato e rientrare in carcere.

La riforma del 1975 introdusse degli strumenti giuridici quali le misure alternative alla detenzione che erano mirate alla rieducazione della persona. Con il tempo si aggiunse a questa finalità anche la Gozzini e la Simeone-Saraceni, apportando notevoli cambiamenti alla detenzione domiciliare, all'affidamento in prova ai servizi sociali, anche per i tossicodipendenti, la libertà vigilata, e così via. Devo però rammaricarmi, perché dopo la Simeone gli sforzi del legislatore sono stati quasi nulli e comunque privi di ogni efficacia, secondo una concezione di medio-lungo termine. Questo fatto si può dimostrare con una breve analisi delle cause del sovraffollamento, che sono state combattute male o persino per niente. Si sa che le strutture carcerarie italiane sono vetuste e fatiscenti, si pensi ad esempio al carcere di San Vittore di Milano che ha più di un secolo di vita. I problemi igienici, di qualità della vita sia per i detenuti che per il personale degli agenti delle forze dell'ordine che di quello tecnico è scarso, uno stress continuo dovuto alla mancanza di interventi istituzionale che spesso porta alle estreme conseguenze, quali l'autolesionismo ed a volte nel peggiore dei casi al suicidio. Le statistiche del DAP dimostrano come gli eventi critici negli ultimi dieci anni siano aumentati. Non solo quindi l'ambito del suicidio, ma anche risse nelle celle e nei corridoi, tra detenuti e forze dell'ordine, evasioni, rivolte vere e proprie.

Il "Piano Carceri" che iniziò nel 2008 era nato con l'esigenza di porre fine a queste situazione, dato che numerosi ricorsi dei detenuti, sia interni che esterni, come preso la Corte europea dei diritti dell'uomo, hanno prodotto ingenti sentenze di condanne a carico dell'Italia, specie per quel che concerne l'art. 3 della CEDU, che parla di reato di tortura e trattamento inumano e degradante. Condanne innumerevoli, così come i risarcimenti(di esigua entità) ottenuti da ciascun ricorrente. Queste spese si sono riflettute sul debito dello Stato, portando anche ad una menomazione del piano carceri iniziale, dove a fronte di milioni di euro stanziati per la ristrutturazione delle strutture esistenti e la costruzioni di nuove, ben il 70% del capitale è stato utilizzato per adempiere ai debiti pregressi del DAP. Quindi solo il 30% della cifra è stato effettivamente usato per il piano carceri. Ulteriore questione, è che la lesione dell'art. 3 CEDU riguardava spesso come base giuridica del ricorrente il fatto che il detenuto fosse in una cella con al di sotto uno spazio personale inferiore a 3 mq, spazio ritenuto inaccettabile che garantisce una palese violazione dell'art. 3 CEDU. Altra considerazione è che i detenuti per ottenere un reale risarcimento danno e ristabilimento delle condizioni minime di vita all'interno del carcere, non solo dovevano proporre ricorso alle corti interne, oberate di carico di lavoro, ma anche alla Corte europea, la quale intimava più volte lo Stato italiano ha risolvere l'emergenza. Si evidenzia dunque una difficoltà del sistema della magistratura di sorveglianza di poter far fronte a tutti i ricorsi in un tempo equo ed accettabile per qualunque cittadino. Inoltre bisogna considerare che il ricorso a corti esterne è necessario in quanto nel nostro sistema giuridico non è contemplato il reato di tortura, gravissima lacuna non solo giuridica, ma anche e soprattutto morale ed umana. 


La seconda causa del sovraffollamento, oltre al deficit strutturale, è l'immigrazione. Il fatto che il 30% ed a volte anche la metà dei detenuti nelle carceri italiane sia straniero, spesso extracomunitario ha solo un significato: il reato di clandestinità. Diffidate da chi vi dice, che nelle carceri italiane gli immigrati clandestini non ci sono, perché così non è. Il fatto che ad esempio, giornalisti come Pagliaro alla trasmissione Otto e Mezzo, su La 7, dicano il contrario è sinonimo di ignoranza della materia. I clandestini in carcere vi sono e spesso hanno a loro carico anche altri reati. Sono costretti a restare nel penitenziario perché anche se avessero i requisiti per accedere alle misure alternative alla detenzione, come la detenzione domiciliare, non possono concretamente, in quanto non hanno alcun domicilio o residenza, inoltre la loro espulsione risulta essere estremamente difficoltosa se il soggetto non viene fermato al confine del Paese, perché spesso tali individui provengono da paesi in guerra, che non hanno governi solidi e dunque non hanno l'autorità o gli effettivi mezzi per poter riaccogliere i propri cittadini presso i propri carceri. Tocca quindi in ultima istanza all'Italia trattenere per il periodo della pena o dell'accertamento documentale queste persone.

Si è parlato dell'abolizione del reato di clandestinità. Sarebbe un'ottima mossa, ma da effettuare a livello europeo per poter ottenere un risultato molto più importante. Infatti la Francia ha il reato di clandestinità, e spesso come immigrati mirano a giungere in quello stato o comunque a passarvi per proseguire verso la propria meta. Cosa fare quindi? Abolire il reato d'immigrazione, creare una forza multinazionale europea, come già esiste, come l'agenzia FRONTEX che possa non rimandare indietro queste persone (a costo della loro vita, vedi ad esempio il caso dei libici che mitragliano i barconi volutamente), ma accoglierli presso dei centri che siano umani e di buona qualità, finanziati con denaro europeo, in modo che tutti i paesi dell'Unione abbiano le stesse responsabilità circa tale tragedia. Coloro che sono morti annegati e che moriranno presso il Canale di Sicilia muoiono per l'inerzia politica, per la burocrazia che crea empasse biblici, ma soprattutto perché molti paesi europei girano la faccia dall'altra parte, facendo finta non vedere, dimostrando la loro totale manca d'interesse e di responsabilità, oltre che di umanità. Si tratta anche di questione economica, perché se questi soggetti venissero regolarmente in Italia per lavorare, per abitare darebbero un notevole contributo economica al risanamento delle casse dello stato. Un po come quello che accadde decenni fa con i turchi per la Germania.

La terza causa del sovraffollamento è la Giovanardi. Un testo unico riguardante la normativa sulle sostanze stupefacenti e psicotrope, altamente restrittiva e proibizionista, che non garantisce equità di trattamento tra chi viene trovato con pochi grammi di marijuana in tasca e chi invece viene trovato con alcuni grammi di cocaina. Chiaramente il primo intervento che il legislatore dovrebbe effettuare riguarda il fatto che dovrebbero essere rimodulate le tabelle di tali sostanze, verificare se possono ancora essere considerate droghe, e rivedere il concetto di droga leggera e droga pesante. Inoltre, una depenalizzazione per le droghe leggere sarebbe ben accolta, dato che quasi la totalità dei soggetti in carcere sono dentro per reati concernenti questo ambito. Si parla quindi di spacciatori, tossicodipendenti, ecc. Chi è stato in visita in carcere sa bene come in quel luogo un soggetto non possa curarsi, ecco perché bisognerebbe premere sull'acceleratore dell'affidamento in prova ai servizi sociali per i tossicodipendenti, in modo che questi soggetti si curino, capiscono che l'uso di queste sostanze nuoce non solo al loro fisico ed alla loro mente, ma anche alla società tutta. Solo così si crea responsabilità all'interno del cittadino, che capisce e diventa consapevole che esiste un'altra via nella vita da seguire. Sarebbe utile che accanto a questi programmi di disintossicazione ve ne siano di paralleli di tipo lavorativo, in modo che il soggetto una volta conclusa la cura, non venga lasciato per strada e riprenda a farsi, con il rischio di rientrare in carcere. È proprio vero che il lavoro in questo rende liberi le persone.

Discussa è la faccenda della legalizzazione, di cui io sono un parziale sostenitore. Vi spiego il perché. È accaduto anni fa che ci fu un processo di legalizzazione di droghe leggere quali marijuana ed hashish in Olanda. La conseguenza fu l'apertura di coffe shop per queste sostanze, introiti aumentati nelle casse dello stato, ma contemporaneamente anche la popolazione dei detenuti nel giro di un paio di anni era aumentata. Certamente non a livello delle carceri italiane, ma comunque per un paese piccolo come l'Olanda importante. Il perché? Il fatto è che la legalizzazione fu seguita solo dall'Olanda e da nessun altro paese europeo, di conseguenza lasciando da solo tale paese i grandi cartelli della droga, prima i colombiani, ora i messicani, ed ovviamente anche le associazioni mafiose italiane, hanno usato l'Olanda come testa di ponte per immettere grandi quanti di tali sostanze direttamente in Europa. Tutto questo legalmente. Quindi ad oggi si è creato un caos, con aumento dei detenuti, droghe leggere che dall'Olanda entrano in tutta Europa ed intere città controllate sostanzialmente dal crimine organizzato. Un risultato negativo su tutta la linea.

La quarta causa del sovraffollamento è il meccanismo della recidiva importato dalla ex Cirielli, che crea una sproporzione di trattamento tra un recidivo semplice, uno aggravato ed un reiterato. È palese come un soggetto che ha commesso un reato bagatellare, come un piccolo furto, e ne ricommette un secondo della medesima entità pochi mesi dopo essere uscito dal carcere, viene considerato un recidivo semplice dal diritto, ma paradossalmente si trova nelle stesse condizioni penitenziarie di un recidivo aggravato o reiterato che magari ha a proprio carico una serie di omicidi o reati di grave entità. Riformulare questo meccanismo è di estrema urgenza ed il legislatore non può permette il proseguimento di questo trattamento indecente. Nonostante i vari attacchi di incostituzionalità, la ex Cirielli è rimasta in piedi ed è tutt'ora in vigore nel nostro ordinamento giuridico. La realtà dei fatti dimostra che se un soggetto viene rieducato, nel 75% dei casi non sarà un recidivo, e non commetterà ulteriori reati. Tutto questo a vantaggio della società, dell'economia del DAP e soprattutto della politica che acquista credibilità agli occhi dei cittadini.

Inoltre bisogna considerare che questi soggetti che commettono reati di piccola entità, se restano a contatto con altri soggetti che hanno un passato di gravi delinquenza, molto spesso acquisiranno delle nozioni utili per delinquere con maggiore successo nel futuro, fuori dal carcere. Questo accade anche con gli indagati sottoposti a custodia cautelare, che rappresentano un terzo della popolazione totale dei detenuti italiani. Capite come sia abbastanza facile intendere che se un indagato, magari innocente, sta a contatto con dei delinquenti professionisti, spesso intraprenderà quella strada una volta scarcerato. Utile quindi sarebbe una ristrutturazione delle strutture penitenziarie (ricolleghiamoci al primo punto) che permetta una divisione concreta dei padiglioni tra indagati in custodia cautelare (che potrebbero benissimo, come avviene in alcuni casi, restare presso il proprio domicilio) e condannati, oltre che tra condannati di varia entità.


Detto questo, torniamo al discorso da cui siamo partiti: amnistia ed indulto. Sono stati usati spesso, in particolare l'indulto, ma non sono serviti a nulla, perché incentrati secondo una logica opportunista, elettorale di breve durata. Che significa? Significa che se prendessimo in considerazione l'ultimo indulto del 2006, vedremmo come nel 2005 la popolazione penitenziaria italiana si attesta a quota 62 mila, nel 2006 con l'indulto scese a 34 mila, ma l'anno immediatamente successivo non solo raggiunse nuovamente i 62 mila del 2005, ma li superò di 2000 unità. A dimostrazione che usare solo dei provvedimenti di clemenza generale, senza affiancarvi alcun tipo d'intervento strutturale sulle cause del sovraffollamento che ho descritto in precedenza, non porta ad alcun tipo di risultato nel medio-lungo termine. La logica elettorale confida nella breve memoria degli elettori e della buona fede del legislatore impegnato nella campagna elettorale per ottenere più voti. D'altra parte esiste anche il legislatore che usa la paura del criminale in carcere per promulgare leggi assurde come il reato di clandestinità, introdotta da Maroni apportando una modifica alla Bossi-Fini emanata qualche tempo prima. L'unico mezzo per cui ci si può difendere da queste logiche senza scrupoli, che investono la vita di migliaia di detenuti in carcere e milioni di elettori, colpevoli e vittime di essere disinformati, è conoscere la realtà dei fatti attraverso dati oggettivi.

Infine, bisogne evidenziare il fenomeno del turn-over, dove persone indigenti, in costante aumento, molti italiani e non sono stranieri, commettono piccoli reati spontaneamente per poter sopravvivere, ma in particolare durante i mesi autunnali, in modo che le esigue pene che gli vengono impartite (4-6 mesi) possano permettergli di trascorrere i mesi invernali e più freddi all'interno di un carcere, avendo vitto ed alloggio gratuito. Persone quindi che non sono appartanenti al mondo criminale o delinquenziale, ma che a causa della crisi economica hanno perso lavoro e casa, non hanno altro che entrare in carcere per poter sopravvivere. Un fenomeno drammatico e triste che ci permemmete di capire come la situazione delle carceri sia peggiore rispetto a quella che viene descritta dai media. Auspicherei che la ministra dell'istruzione Carrozza, possa emanare un decreto con il quale ciascun studente dalle elementari all'università, almeno una volta nella propria vita, possa visitare un carcere italiano, in modo da sensibilizzare l'opinione pubblica e far comprendere la necessità di un'intervento strutturale urgente che sia concreto ed efficace.

Concludo dicendo che se la discussione politica del PD e del PDL è incentrata solamente  sull'amnistia e l'indulto per o contro Berlusconi, allora cari miei lettori non lasciatevi ingannare, perché in Parlamento ci sono circa una 50ina di altri indagati tra i vari partiti di maggioranza che vorrebbero un provvedimento di clemenza per salvarsi dal carcere. Non solo Berlusconi ne gioverebbe, ma anche tutti gli altri, anche fuori dal Parlamento, considerando parenti, amici, ecc dei vari parlamentari. Nascondersi dietro la richiesta in buona fede di Napolitano sulla risoluzione del problema del sovraffollamento non è un bel gesto, anche perché considerando lo scadere (maggio 2014) inesorabile della sentenza pilota Torreggiani della Corte europea, se il problema non venisse risolto entro quel limite, l'Italia sarà costretta al pagamento di 41 milioni di euro come cifra di risarcimento danno ai detenuti, e tanto per cambiare saremmo nuovamente noi a pagare con chissà qualche nuova tassa o accisa sulla benzina. Informatevi per piacere e mobilitatevi.

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