Il diritto di critica: questione di morale e di decenza

Cecile Kyenge
Le vicende che si sono verificate in queste ultime ore, circa il ministro dell'integrazione Cecile Kynge si commentano da sole. Inutile dire che gli attacchi della Lega Nord nei confronti della signora Kyenge risultano essere inaccettabili, sia per le definizioni volgari di Calderoli, vice presidente del Senato che definiva il ministro un "orango", sia per la rubrica della Padania, il giornale di partito della Lega, dove secondo la sua direttrice Aurora Lussana, tale scritto non poteva essere in alcun modo riconducibile ad uno sfogo di violenza nei confronti della Kyenge. Lega Nord

Ovviamente, tanto gli insulti gratuiti e beceri, quanto la rubrica, hanno prodotto un sistema a catena perverso, dove l'opportunismo politico si è unito ad un implicito sentore razzista, nemmeno poi tanto, da parte di alcuni, molti, che trovano ancora inaccettabile che una persona di colore possa ricoprire un incarico istituzionale così importante, come un ministero della Repubblica. Addirittura in aula si è parlato, grazie alla bocca di un esponente leghista, di "negritudine". Roba che ci porterebbe indietro di almeno 5 secoli. Se la signora Lussana si è trincerata affermando che la sua rubrica di fine giornale era simile in tutto e per tutto a quella fatta anche per altri esponenti del Governo e del Parlamento, la sua difesa è paragonabile a quella di un bambino che si nasconde dietro un filo d'erba per non essere trovato a nascondino. è vero che gli incontri pubblici della Kyenge sono stati riportati alla lettere sul giornale, dal sito ufficiale del ministero dell'integrazione, ma è anche vero che l'uso che si è voluto fare ha prodotto non un interessamento a quelli incontri pacifico, ma potenzialmente violento. D'altronde l'idea che per questa piccola rubrica si debba chiudere un intero giornale è  assolutamente assurda ed inopportuna. Aurora Lussana

 Infatti, se la Padania ha fatto un uso strumentale della rubrica per incitare all'odio razziale, nei confronti della persona della Kyenge, i suoi  difensori più accaniti, a partire da molti membri del PD come Ivan Scalfarotto e giornalisti di Repubblica e del Corriere della Sera hanno  prodotto un eccessivo accanimento nei confronti di quello scritto. La sola idea che un misero articoli possa produrre alla chiusura  dell'intero giornale è da allontanare il più presto possibile, perché questo ci riporterebbe indietro agli anni 30, dove il regime fascista  chiudeva i giornali anche per meno. Oggi, con una Costituzione in vigore, dobbiamo ricordarci dei suoi valori democratici e di libertà, a  partire dalla libertà d'espressione. Con questo, lungi da me dal giustificare che l'articolo in questione sia espressione di libertà, ma a mio  avviso solo d'ignoranza.

 Due eccessi insomma da ambedue le parti. Ma la vera domanda allora che si pone e che torna alla mia mente in questi ultimi mesi sovente  è: esiste un modo per criticare legittimamente qualche membro del Governo senza scatenare l'alzate di barricate bibliche? La risposta  probabilmente è no. La sinistra italiana, gran parte della borghesia radical chic e dei moderati centristi ritiene che nessuna critica,  nemmeno una parola possa essere detta alla Kyenge, ma questo perché? Il fatto che una persona sia di colore non vuol dire che non  possa essere criticata, così come il fatto di essere donna non può essere usato, vedi l'esempio della Boldrini, come scusante per evitare  ogni critica perchè altrimenti si verrebbe accusati di sessismo e maschilismo. Ancora non si può criticare il Presidente della Repubblica  Giorgio Napolitano perchè protetto dalle cariche più alte dell'UE, del FMI ed ovviamente della massoneria di cui lui fa parte dagli anni 50  dello scorso secolo. Figuriamoci azzardarsi solo a criticare l'Euro e chiedere l'uscita dall'eurozona, si correrebbe il rischio di ottenere degli  appellativi come terrorista, anarchico, rivoluzionario, demagogo, populista e persino disfattista. 

 Allora la questione si fa complicata, perché se una persona, un semplice cittadino non può più  manifestare legittimamente, all'interno della cornice giuridica della legge, il proprio dissenso per il fatto  che la Kyenge, dall'inizio dell'instaurazione di questo Governo Letta, non abbia prodotto nulla di  concreto o riconducibile al suo ministero ( e siamo già a gennaio 2014, quindi quasi un anno di  legislatura con le mani in mano) porta ad una deriva di distruzione democratica dell'intero impianto  dello Stato, intenso come istituzione. La critica è il sale della democrazia, senza discussione si seguirebbe un'unica via, che nel caso fosse errata, porterebbe all'autoeliminazione dell'Italia. Ci sarebbe inoltre da chiedersi quale sia il ruolo della Kyenge con il suo ministero, dato che non concepisco l'idea di un dicastero per l'integrazione. Soprattutto di chi? Degli stranieri o solo di alcuni di loro? Degli italiani nei confronti degli stranieri? Nulla è dato a sapere. Solo uno stolto potrebbe pensare che l'integrazione potrebbe essere promossa tramite una legge o peggio ancora tramite un ministero.


Mi chiedo invece perché non si intraprende la strada più logica e naturale per attuare un rinvigorimento del tessuto sociale italiano, già falcidiato da lotte interne politiche ed economiche interne, figuriamoci da altre spinte esterne. Perchè non aumentare i fondi alla scuola pubblica e finanziare un programma serio all'interno del mondo scolastico? Perché non rivalutare la nostra storia e la nostra cultura, fatta di decine di influenze di popoli diverse, valorizzando il nostro multiculturalismo che ha prodotto quella cultura romana millenaria che tutto il mondo ci invidia? Perché non ricordare attraverso questi progetti concreti che la diversità rende migliore il mondo? La risposta del Governo è: non ci sono i soldi. Giorgio Napolitano

Panzana come questa la si utilizza solo per un unico motivo. Non c'è volontà politica, non c'è interesse. Se ci fosse stato un minimo d'interesse a cambiare le cose realmente a quest'ora il dibattito sulla cittadinanza e sullo ius soli sarebbe discusso in Parlamento, mentre i progetti di legge sono lasciati nei cassetti per decenni a fare polvere. L'unico vero e triste motivo che alla Kyenge è stato dato quel ministero è solo pura pubblicità. Uno spot. Un modo per dire al pubblico votante: "ehi, hai visto che siamo il primo governo italiano con un ministro di colore? Credi in noi, perché abbiamo fatto qualcosa di diverso". Ma oltre ad averla nominata, questo Governo si è comportato né più né meno come i precedenti, tassando e diminuendo la spesa pubblica. Il modo giusto per suicidare il Paese. Laura Boldrini

Stesso discorso si potrebbe fare per Re Giorgio, il quale protetto a spada tratta dai grandi poteri forti mondialisti e dal piccolo PD, non rischia nulla. Un Presidente che non ricorda quali sono i suoi poteri e porta la struttura repubblicana democratica verso quella semi presidenzialista senza il minimo consenso e parere del Parlamento e del popolo italiano può essere definito solo in un modo: un sovvertitore dell'ordine costituito e per cui la denuncia che molti fanno nei suoi confronti è a tutti gli effetti legittima ed aggiungo io sacrosanta. Idem per la Boldrini, che provenendo dall'ONU, sa bene come funzionano le cose nei piani alti, ma difetta di saggezza in molte occasioni, pensando che la sua sola espressione grave del viso possa proteggerla dalle critiche, ma così non è. è una donna che ricopre la quarta funzione più importante dello Stato e come tale deve assumersi le sue responsabilità. Non ricordarsi come funziona l'aula, applicare il regolamento arbitrariamente, togliere la parola a chi ne ha il diritto, pensare di potersi schierare da una parte dimenticandosi che il proprio ruolo le dovrebbe imporre per le legge di essere terza ed imparziale. Ecco sono tutti atteggiamenti criticabili.


Quì non si critica il colore della pelle, il sesso della persona, la sua età o chissà che altro, ma solamente il proprio comportamento. Prima ancora della legge, che è uguale per tutti e va rispettata, esistono cose come decenza e morale. Si tratta di questione morale, di uso sano della cosa pubblica e di conoscere le proprie responsabilità ed i propri doveri. Mi pare che nella Prima Repubblica se ne parlò molto. Sarebbe il caso di riprendere il discorso, non credete?

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