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    Lunedì, 11 Agosto 2014 10:42

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Invidia? Come stare a galla

invidia

Anche se non l'ammettiamo la proviamo tutti

 

Sei un invidioso cronico? C’è una buona notizia per te: invidiare gli altri stimola le azioni e aiuta a raggiungere vette impensate. Lo sostiene una ricerca giapponese dell'Istituto nazionale di scienze radiologiche di Chiba, secondo la quale l’invidia aziona le aree cerebrali della corteccia cingolata anteriore dorsale, le stesse che si attivano quando proviamo un dolore fisico, spingendoci così a reagire per uscire da quella situazione. Ma quando è utile provarla? E quando può ritorcersi contro di noi?

invidia1aSe I'ossitocina interviene

II carburante dell'amore, l'ossitocina, è anche alla base dell'invidia. Lo rivela una nuova ricerca dell’Università di Haifa (Israele), per la quale questo ormone, a seconda dei contesti, può generare sentimenti come invidia e malvagità.

«Gli studiosi definiscono l'invidia come un dispiacere nel vedere il successo altrui. Nasce quando gli altri hanno qualcosa che noi vorremmo: un oggetto, un lavoro, un amore...», spiega Valentina D’Urso, docente di Psicologia generale all'università di Padova e autrice di Otello e la mela, Psicologia della galosia e dell'invidia.

Tutti la provano, ma nessuno l'ammette: «Perché è come ammettere di sentirsi inferiore agli altri e volere il loro male».

invidia2È ALLA BASE DEI NOSTRI CONSUMI

La parola deriva dal latino invidia in-vedere, cioè un "guardare malevolmente”: «L'altro è ritenuto indegno di possedere l'oggetto dei nostri desideri», dice Valentina D'Urso. Anche se il soggetto invidiato percepisce su di sé qualcosa di simile al malocchio, «tutti vogliamo essere invidiati. Andiamo in vacanza alle Maldive per poterlo poi raccontare, compriamo una macchina costosa per mostrarla e cosi via. L'invidia è infatti anche alla base dei consumi e del marketing».

QUELLO CHE NOI NON ABBIAMO Invidiamo gli altri perché pensiamo che posseggano ciò che a noi è negato: oggetti, ma anche affetti e opportunità. L'invidia presuppone un confronto con gli altri, che può essere costruttivo.

La si nutre soprattutto per le persone vicine, simili a noi, a cui vogliamo anche bene: «Chi ha le nostre stesse condizioni di partenza, ma poi fa meglio di noi».

Si invidia il collega bravo, non il direttore generale. O il vicino di casa ricco, non Bill Gates. Oppure l’amica più bella e non la top model: «La somiglianza fa scattare l'immedesimazione e ci fa pensare che saremmo potuti essere noi al suo posto». Conferma Alessandro Bertirotti, docente di Antropologia della mente all'università degli studi di Firenze: «Alla base dell'invidia c’è un meccanismo mentale “proiettivo”: grazie ai nostri neuroni specchio, riusciamo a proiettare noi stessi in ciò che vediamo. E più gli altri ci assomigliano, più ci immedesimiamo e li invidiamo (anche per questo le donne invidiano le donne e gli uomini altri uomini)».

«Provare invidia è utile perché agisce come un campanello di allarme. Come la paura ci aiuta ad affrontare un pericolo, così l'invidia ci prepara a reagire a una sconfitta. Ci avverte che ci manca qualcosa o che abbiamo perso un confronto, dandoci la spinta a migliorare», continua Bertirotti.

Non solo. L’invidia serve anche a capire meglio chi siamo e ciò che vogliamo: «Presuppone sempre un confronto con altri e dal paragone impariamo a conoscerci e a mettere a fuoco i nostri obiettivi. Realizziamo quali sono i nostri punti di forza e quelli di debolezza.

Nel Vedere un altro che ci sorpassa, capiamo gli errori commessi e acquisiamo un bagaglio di conoscenze utili», dice Bertirotti.

Momentanea o duratura?

«La prima, che proviamo ad esempio guardando la pubblicità di una Ferrari che vorremmo, è sempre utile: è un processo naturale che forma la nostra identità e i nostri desideri». La valenza di quella duratura invece dipende da quali sentimenti è accompagnata. «Se è mista ad ammirazione per l'altro è una grande risorsa: attiva i meccanismi psicologici che ci dicono di passare all'azione, per cercare di somigliargli o fare meglio».

invidia3II peccato peggiore

I Greci invidiavano e ammiravano i loro avversari: doti e capacità dei singoli individui erano attribuite agli dei, in quanto ritenute “doni divini”. Invidiarle quindi significava invidiare la divinità che le aveva concesse ed era ubris, il peggiore dei peccati. Con iI Cristianesimo, l'invidia è messa al bando. È negata già nei dieci comandamenti e condannata perché abbinata a sentimenti di rancore che mirano alla distruzione di chi si invidia.

MISTA AD AMMIRAZIONE L’invidia accompagnata da sentimenti di ammirazione per i risultati altrui può essere una grande risorsa: attiva i meccanismi psicologici che ci dicono di impegnarci a fondo per fare meglio.

Modelli da imitare

«Ci stimola a uscire dalla posizione di inferiorità. L'importante è saperla trasformare in sana emulazione». L'invidia quindi può essere una risorsa positiva quando l'altro diventa un modello da imitare per elevarci: «Succede all'allievo di provarla verso il proprio professore. Oppure è utile quando l'altro diventa un legittimo competitore, con il quale ci si confronta e da cui si impara: può essere un collega bravo che ci invoglia a dare il massimo sul lavoro». Si ritorce invece contro di noi quando è abbinata a delusione e rabbia: «In questi casi ci danneggia, diventa uno stato di malessere, frustrazione e inadeguatezza che abbassa fino a distruggere la nostra autostima. E quando ci si convince che la distanza con liinvidiato è incolmabile, può persino sfociare in depressione», continua Bertirotti.

Contro i passi falsi

Come evitare invidie negative, che deprimono invece di dare grinta e coraggio? Il primo consiglio è di valorizzare ciò che già abbiamo meritatamente ottenuto dalla vita e accettare l'idea che anche gli altri possono avere dei meriti: «È utile conoscere la persona invidiata e la sua storia: serve a rendersi conto del perché l'altro è riuscito a ottenere quella cosa e soprattutto ci offre strumenti e consigli per riuscire anche noi a ottenerla».

invidieSONO PIU INVIDIOSI GLI UOMINI

Una nuova ricerca della Società internazionale di Psicoanalisi sfata il luogo comune che vuole la donna più invidiosa dell'uomo. Lo studio, presentato a Roma, rivela che il 78 per cento degli uomini vive l'invidia come un sentimento molto forte e dominante nelle propria vita professionale e affettiva. Semplicemente gli uomini sono più bravi delle donne a dissimularla.

In secondo luogo, serve dirigere l'invidia sulla persona (sulle sue doti e i suoi comportamenti), più che sugli oggetti che possiede: «Questi sono conseguenza diretta di ciò che l'altro è». Può anche essere utile iscriversi a un corso di autostima: «In genere cade vittima dell'invidia chi non sa valorizzare se stesso o chi, durante l'educazione, ha ricevuto meno affetto e conferme, quindi è più insicuro». Ultimo consiglio di Bertirotti: «Impegnarsi per avere ciò che si desidera. Invece di passare il tempo a lamentarsi e soffrire per ciò che manca, usiamo le nostre energie per attuare un piano d'azione».

invidia1Massimo piacere

Questa sensazione di grande piacere nel vedere il nostro rivale fallire (dagli studiosi è chiamata schadenfreude) si verifica perché avviene una sorta di rimmessa in equilibrio delle parti (colui che invidia e colui che è invidiato) o di compensazione della distanza tra l'uno e l'altro. Il passo falso dell'altro diventa per l'uno un vantaggio, in quanto gli consente un "recupero".

L'AMICA PIU BELLA viene invidiata assai più di una top model: perché è vicina a noi e sentiamo che avremmo potuto essere al suo posto.

 

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