Brasile, locomotiva del Sud - Brasile locomotiva del Sud2

Esistono ancora 54 milioni di poveri (33% della popolazione) e 23 milioni di indigenti (14% ). La maggioranza della popolazione povera vive nel Nordest (58%) e nel Sudest (20%). La società brasiliana è oggi una delle più disomogenee del mondo. Molti problemi permangono e spesso si aggravano mostrando le contraddizioni dell'attuale modello economico e del processo di globalizzazione in corso: miseria, cattiva distribuzione del reddito, disoccupazione, concentrazione della ricchezza, corruzione, violenza, prostituzione infantile, senza tetto, salute e educazione, ed altre situazioni di esclusione sociale e di mancanza di rispetto della dignità umana. Giungiamo ora alla risposta del quesito che ci siamo posti poco fa. Durante la doppia presidenza Lula, il Brasile ha vissuto un'incredibile metamorfosi, unica nella storia del gigante sudamericano per profondità, gradualità e sostenibilità. Il travolgente ciclo politico ed economico innescato dagli otto anni di governo Lula (2003-2010) - il quale lascia Plan Alto con tassi di popolarità vicini al 90% e un'economia "rovente", che nel solo 2010 cresce ad un tasso del 7,5% - è destinato ad imprimersi nella memoria collettiva brasiliana come uno dei passaggi storici più importanti e produttivi nell'altrimenti sfilacciata traiettoria dello sviluppo del paese sudamericano.

Il Brasile è ora un gigante commerciale e diplomatico. Una delle democrazie più popolose del pianeta, dotata di un impianto economico solido e di una politica estera ambiziosa e determinata. Quale è stato l'impatto della ventata di autostima portata dall'elezione di Lula sulle relazioni tra il gigante sudamericano e i suoi vicini? Il posizionamento strategico del Brasile sullo scenario sudamericano ha rappresentato, sin dall'indipendenza del settembre 1822, il "dilemma fondante" della visione geopolitica brasiliana. Per dimensioni, dinamiche economiche e sviluppi storici, il Brasile ha dovuto confrontarsi, non senza contraddizioni e incertezze, con la realtà di un'egemonia regionale, al contempo, fisiologica e aleatoria. La storia delle relazioni tra il Brasile e vicini sudamericani è quella di un paese in preda al classico dilemma dei "costi strutturali" della leadership regionale. Un paese, cioè, cronicamente incapace di esercitare una leadership credibile agli occhi dei vicini, poiché privo delle risorse economiche e militari necessarie a tal fine.

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Il primo elemento di discontinuità portato dalla politica regionale dell'amministrazione Lula è riscontrabile nella volontà di superamento dell'ambiguità sul tema della leadership regionale - storicamente una sorta di tabù per una diplomazia più preoccupata delle possibili reazioni dei vicini in termini di balancing che attratta dai benefici di una posizione di egemonia. Arrivato alla presidenza nel gennaio 2003, Lula non tardò a definire il rafforzamento delle relazioni con la regione come la priorità assoluta della sua politica estera, manifestando ufficialmente la volontà del Brasile di fornire quei pay-offs (garanzie economiche, politiche e militari sotto forma di prestiti, finanziamenti, mediazione diplomatica e deterrenza militare) che una potenza regionale dovrebbe assicurare ai propri vicini in cambio della loro acquiescenza geopolitica. Attingendo alla "diplomazia della generosità" tipica della visione internazionale del Partido dos Trabalhadores (Pt), imperniata sulle cosiddette relazioni south-south e sulla centralità di un'integrazione tra i paesi sudamericani di stampo solidaristico e cooperativo, Lula ha promosso un'agenda regionale ambiziosa e fortemente "politicizzata". Questa non si è limitata a ribadire il legame inscindibile tra le sorti dello sviluppo brasiliano e quelle dell'integrazione sudamericana, ma ha sancito la volontà di leadership del Brasile, pronto a intervenire per correggere quelle asimmetrie economiche, commerciali e infrastrutturali che - come nel caso del Mercosur - ostacolano la realizzazione di una integrazione piena e reciprocamente produttiva.

Lula

Un'integrazione afasica, schiacciata dal peso delle incompatibilità economiche tra paesi con strutture produttive troppo simili e orfana di una potenza regionale capace di esercitare una leadership credibile e responsabile, alternativa alla visione ideologizzata e clientelare dell'integrazione propugnata da Hugo Chávez e alimentata dal boom delle rendite petrolifere venezuelane. Il Brasile di Lula ha potuto contare su un contesto regionale piuttosto favorevole, nel quale le consonanze politiche e la crescita economica robusta e diffusa sembravano poter attenuare la storica diffidenza dei paesi vicini nei confronti di un'egemonia brasiliana.Le affinità elettive tra la retorica integrazionista di Lula e le posizioni politiche delle amministrazioni in carica nei paesi vicini si sono rivelate in più occasioni decisive nella risoluzione di gravi tensioni politiche e commerciali che hanno visto il Brasile venire ai ferri corti con alcuni vicini.  Basti ricordare la crisi diplomatica con la Bolivia nel 2006 (a seguito della nazionalizzazione del gas boliviano che ha coinvolto le raffinerie del colosso petrolifero brasiliano Petrobras) e le schermaglie commerciali con Argentina (per il proliferare di barriere tariffarie protezionistiche contrarie al regime di liberalizzazione commerciale stabilito dal Mercosur) e Paraguay (a causa del contrabbando che interessa la porosissima area di confine tra i due paesi).

In queste occasioni, il Brasile ha mediato in modo responsabile e ricucito gli strappi con la forza della sua diplomazia e il carisma del presidente, capace di intessere relazioni idilliache con gli interlocutori più diversi, a prescindere dalle posizioni ideologiche: dalla Colombia di Uribe, al Venezuela di Chávez; dalla Bolivia "indigenista" di Morales agli Stati Uniti di G.W. Bush, sempre in nome dell'interesse nazionale brasiliano. Ciò ovviamente non poteva bastare. Le affinità politiche erano destinate a scontrarsi con i nodi gordiani dell'integrazione economica in Sudamerica, paralizzata da bottlenecks che mettono a rischio la competitività di una regione che deve necessariamente andare oltre l'esportazione di materie prime.Tra i dilemmi più spinosi, il permanere di barriere protezionistiche in mercati strategici (in particolare quelli automobilistico, agricolo ed energetico) e le grandi lacune infrastrutturali (la regione manca di porti, oleodotti, gasdotti, reti stradali e ferroviarie adeguate). In merito a queste criticità, i paesi della regione si aspettavano dall'amministrazione Lula gesti e iniziative concrete volte a correggere le asimmetrie - molte delle quali scaturite dall'esuberanza produttiva e commerciale dello stesso Brasile e perciò favorevoli agli interessi economici di quest'ultimo - che comprimono gli scambi intra-regionali e ostacolano la creazione di vere e proprie aree di libero scambio tra i paesi sudamericani.

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