Massime del Buddha e del pensiero buddista
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Massime del Buddha e del pensiero buddista
Published in Poesie - Sonetti - Ballate
VOLO Un paracadutista si lancia nell'atmosfera: si definisce vuoto un ambiente dove la concentrazione di particelle è inferiore a quella dell'aria, come avviene nello spazio.
Anche se non l'ammettiamo la proviamo tutti
Le immagini stupende create con reazioni chimiche all'interno di un vassoio. Volete provarci a casa? Basta una vaschetta acqua e sali
CORALLI E ALGHE MARINE A produrre questo effetto e una soluzione acquosa di silicato di sodio nella quale e stato immerso del cloruro
AMICO: Da dove salti fuori, o Socrate? Ma è chiaro, sicuramente torni dalla caccia al bell'Alcibiade!(1) L'ho visto ieril'altro, e mi è parso ancora un bell'uomo, e tuttavia ormai uomo, sia detto fra noi, o Socrate, che si è già quasi coperto di barba!
Regia: Fritz Lang
Sceneggiatura: Thea von Harbou
Interpreti:Alfred Abel (John Fredersen)
Gustav Frohlich (Freder)
Brigitte Helm (Maria, il robot)
Fotografia: Karl Freund
Gunther Rittau
Scenografie: Otto Hunte
Erich Kettelhut
Karl Vollbrecht
Edgar G. Glmer
Durata: 1h 20m o 3h 20m (a seconda delle versioni)
Produzione: Germania
Anno: 1927
Pochi altri film nella storia del cinema hanno influenzato tutto ciò che è loro seguito come il capolavoro-kolossal diretto da Fritz Lang nel 1926. Alla radice di interi filoni poi sviluppati e sfruttati dal cinema di. genere (la società disumanizzata del futuro, il dominio della macchina sull'uomo, ma anche il tema politico
SOCRATE: Caro Fedro, dove vai e da dove vieni?
Un maschio di granchio ragno parassitato da un cirripede subisce una femminilizzazione: non sviluppa più chele adatte al combattimento e il suo addome si espande, fornendo un "utero" che l'animaletto riempie con una sacca contenente la sua nidiata. Accudite dal granchio, le uova si schiudono e migliaia di piccoli cirripedi si disperdono per dare inizio a una nuova infezione.
La bertuccia è un animale singolare. Assieme all'uomo, è il solo primate del continente africano diffuso a nord del Sahara, ed è l'unico macaco che non viva in Asia.
APOLLODORO: (1) Mi pare proprio di non essere non esercitato riguardo a quello che volete sapere da me. Me ne venivo per caso, avanti ieri, in città da casa mia. Ed ecco uno dei miei conoscenti, vedendomi dalle spalle, mi chiamò da lontano, e scherzando, insieme alla chiamata mi disse: «Oh, Falereo, eccolo il nostro Apollodoro! Non ti fermi un po'?». Ed io fermandomi l'aspettai.
Si spingono più in alto dell'Everest. sfruttano le correnti per non stancarsi. compiono tragitti lunghissimi senza mai perdere la bussola. Ecco i loro segreti. Imitati dall'ingegneria aeronautica
Piante, fiori e funghi sono in grado di opporsi ai più pericolosi killer dell'ambiente, assorbendoli e neutralizzandoli. Ecco come grazie a loro potremo ripulire il mondo. A cominciare dalle nostre città
Non appena giungemmo ad Atene, provenendo da casa nostra, ovvero da Clazomene, (1) sulla piazza incontrammo Adimanto e Glaucone. E Adimanto, mi prese la mano e «Salve», disse, «Cefalo, (2) dimmi se hai bisogno di qualcuno degli abitanti del luogo, sui quali esercitiamo la nostra influenza». «Ma io», risposi, «vengo qui proprio per questo motivo, per chiedervi un favore». «Puoi esporre la tua richiesta», disse.
Servirsi dei globuli rossi come veicolo per trasportare nell'organismo farmaci e vaccini: l'idea che può aiutare nella lotta contro le malattie e virus.
Raggiungono ogni parte del corpo umano, sono le più importanti cellule del sangue, perché trasportano ossigeno ad ogni cellula dai neuroni celebrali alla punta dei piedi. Perché non utilizzarli come vettori per farmaci?
SOCRATE: Figlio di Clinia, penso che tu ti meravigli del fatto che io, che pure fui il tuo primo amante,(1) mentre gli altri hanno smesso di frequentarti, sono il solo a non allontanarmi, e poi mentre gli altri ti importunavano con i loro discorsi, io invece in tanti anni non ti ho mai neppure rivolto la parola. La ragione di questo comportamento non è di natura umana, è un impedimento di origine divina,(2) la cui forza avrai modo di conoscere anche in appresso. Tuttavia ora, dal momento che questo impedimento ha smesso di opporsi, ecco, sono venuto; e nutro la speranza che anche in avvenire non si opporrà. Ebbene, con un'attenta osservazione per tutto questo
SOCRATE Come mai sei venuto qui a quest’ora, Critone? Non è ancora presto?
CRITONE è presto, sì.
SOCRATE Che ora è, di preciso?
MENONE: (1)Puoi dirmi, Socrate, se la virtù è insegnabile? O non è insegnabile, ma può essere acquisita con l'esercizio?(2) Oppure, se non può essere acquisita con l'esercizio né con l'istruzione, è presente negli uomini per natura o in qualche altro modo?
Arrivammo (1) il giorno prima, di sera, dall'accampamento di Potidea, (2) e poiché tornavo che era passato del tempo, mi recai pieno di gioia nei consueti luoghi di conversazione. E in particolare entrai nella palestra di Taurea,(3) dirimpetto al santuario della Regina,(4) e qui incontrai molte persone, alcune delle quali a me sconosciute, ma la maggior parte note. E quando mi videro entrare inaspettato, subito da lontano si diedero a salutarmi, chi da una parte chi dall'altra; Cherefonte (5) invece, da quella natura bizzarra quale egli era, balzato fuori dal gruppo, correva verso di me, e afferratami la mano: «O Socrate», diceva, «come ti sei salvato dalla battaglia?». Poco prima che noi arrivassimo c'era stata una battaglia a Potidea, della quale lì si era avuta notizia da poco.
SOCRATE: Ecco il bello e sapiente Ippia: (1) dopo quanto tempo sei giunto da noi ad Atene!
IPPIA: è vero, Socrate, infatti non ne ho avuto il tempo, perché Elide, quando deve trattare con una città, si rivolge sempre a me per primo tra i cittadini, scegliendomi come ambasciatore, poiché mi considera colui che sa meglio giudicare e riferire i discorsi che debbano eventualmente essere pronunciati presso ciascuna città. Spesso pertanto ho portato ambascerie in altre città e in particolar modo a Sparta e riguardo a questioni assai numerose e veramente importanti. Perciò, cosa che tu chiedi, non frequento questi luoghi.
CLINIA: (1) Come avevamo convenuto, (2) giungiamo tutti e tre puntuali, o straniero, io, tu e questo Megillo qui, per considerare l'argomento della saggezza e precisamente come debba affrontarsi con il ragionamento ciò che - una volta intellettivamente afferrato - noi sosteniamo permetta alla capacità propria dell'uomo di trovarsi nella migliore condizione rispetto alla saggezza, quanta almeno è possibile che l'uomo possieda. Per il resto, infatti, riteniamo di aver esaurito l'argomento sull'istituzione delle leggi. Ma quel che più importa trovare e dire, ossia attraverso quale scienza un uomo mortale potrebbe diventare sapiente, questo né l'abbiamo detto, né l'abbiamo trovato ed è ora questo che che dobbiamo fare in modo di non tralasciare; altrimenti, infatti, rimarrebbe incompiuto il progetto per il quale ci siamo mossi, di far chiarezza su tutto, dall'inizio alla fine.
LISIMACO:(1) Avete visto quell'uomo combattere in armi, Nicia (2) e Lachete: (3) il motivo per cui Melesia (4) ed io vi abbiamo esortato ad assistere a ciò, non ve lo abbiamo detto allora, ma ve lo diremo adesso. Con voi crediamo di dover parlare liberamente.
Vi sono alcuni che si prendono gioco di queste cose e nel caso in cui uno chiedesse loro un consiglio, non gli direbbero quello che pensano, ma tenendo conto di colui che chiede loro il consiglio, dicono cose contrarie alla loro opinione. Quanto a noi, invece, poiché vi ritenevamo capaci di conoscere e, una volta conosciuto, di riferire con semplicità ciò che pensate, vi abbiamo chiamato per avere un consiglio su ciò di cui vogliamo parlare.
Percorrevo la strada esterna alle mura, sotto le mura stesse, dall'Accademia (1) direttamente al Liceo. (2) Quando fui all'altezza della porticella dove si trovava la fontana di Panopo, lì incontrai Ippotale, (3) figlio di Ieronimo, Ctesippo (4) del demo di Peania e altri giovani fermi in gruppo insieme a costoro. Ippotale, appena mi vide avvicinarmi, disse:
EUTIFRONE: (1) Cosa è successo di nuovo, Socrate, perché tu, abbandonate le dispute al Liceo (2), ora ti trattieni qui presso il portico del Re? Perché non credo che anche a te capiti di avere una causa presso il Re (3) come ho io.
SOCRATE: Veramente, Eutifrone, gli Ateniesi non la chiamano causa, ma accusa.
SOCRATE: Arrivi dall'agorà (1) o da dove, Menesseno? (2) MENESSENO: Dall'agorà, Socrate, e dal buleuterio.(3)
TIMEO: Con quanta gioia, o Socrate, come se riposassi dopo un lungo cammino, mi libero ora volentieri del corso del ragionamento.(1) Quel dio, (2) nato un tempo nella realtà e ora nato da poco a parole, io prego che ci garantisca la conservazione, tra tutto ciò che è stato detto, di quelle cose che sono state dette con misura, e se, senza avvedercene, dicemmo qualcosa di stonato su di loro, di infliggere la giusta pena. Ma giusta punizione è rendere intonato colui che stona; affinché dunque in futuro facciamo discorsi corretti sull'origine degli dèi, preghiamo di fornirci la conoscenza, potentissimo ed efficacissimo tra i rimedi. Dopo aver così pregato, lasciamo, conformemente a quanto convenuto, il seguito del ragionamento a Crizia.
SOCRATE: O Alcibiade, vai dunque a pregare il dio?
ALCIBIADE: Ebbene sì , Socrate.
EUDICO: Perché taci, Socrate, dopo che Ippia (1) ha tenuto una lezione tanto bella, e non lodi con noi qualche punto di quanto e stato detto o non confuti ciò che ti pare non sia stato detto bene, a maggior ragione per il fatto che siamo rimasti proprio noi che ambiremmo in modo particolare a partecipare a una discussione filosofica?